lunedì 23 aprile 2012

AMERICAN DREAM (S) – Miami & The Groovers e Cesare Carugi


Miami & The Groovers pubblicano Good Things.
Cesare Carugi arriva al primo disco con Here's To The Road.

Lorenzo "Miami" Semprini capeggia i suoi Groovers da un bel mucchio di anni e da tre dischi. Insieme, lui e i suoi sono cresciuti attraverso Dirty Roads ('05), Merry Go Round ('08) e un gran numero di concerti. Assetto e stile di vita da bar band, questo è un gruppo di appassionati del r'n'r americano riferibile ai soliti noti del midwest e della costa est d'oltreoceano. Inutile fare nomi o paragoni perchè certe vette sono inarrivabili, soprattutto dal punto di vista dell'interpretazione vocale (qui ancora migliorabile e comunque fa simpatia quel mix tra slang americani e accento romagnolo), ma la strada dei Groovers è fatta di impegno e spunti interessanti.
Perchè certi slanci di questi piccoli eroi del boardwalk riminese "tengono" davvero e a tratti emozionano, come quando la splendida Before Your Eyes va a sondare con una pedal steel anche i suoni della California per trovare una sua nicchia tra Bob Seger, i R.E.M. e i Del Fuegos, o quando il pianoforte di Alessio Raffaelli parte – accade in Walking All Alone e The Last Rock'n'Roll Band (la loro R.O.C.K in the U.S.A.) - in serpentine brucianti che rimandano al lavoro prezioso di Bittan nella E Street Band o di Benmont Tench per gli Heartbreakers. Eccellente è anche il lavoro delle due chitarre principali (Semprini + Beppe Ardito).
Miami & The Groovers si fanno fotografare in capannoni di periferia, come certi loro eroi, appendono a un muro il poster di Audrey Hepburn e le dedicano una canzone. Camminano come se fossero dei Brando. Ragazzi che fuori dalla loro finestra vorrebbero vedere il New Jersey. Che non è granchè attraente ma fa battere i loro cuori.
Tra gli ospiti, Alex Valle (dalla band di De Gregori), Heather Horton al violino, Antonio Gramentieri e Riccardo Maffoni.
http://www.miami-groovers.com/

Dopo l'esordio del 2009 (l'e.p. Open 24 hrs), il livornese Carugi ha continuato a coltivare il suo sogno americano, che qui si realizza con un disco che ha la dignità di opere simili concepite da piccoli e grandi songwriters d'oltreoceano, sempre sospesi tra la muscolarità di un rock alla Springsteen e un tratto sonoro più lieve che possiede la fragranza del folk e del country. Here's To The Road sorprende per la maturità della scrittura, che ricorda ma mai ricalca quella dei modelli ai quali questo ragazzo si ispira. Canzoni in un inglese ben scritto e cantato, arrangiamenti anche sofisticati che poggiano molto sulle chitarre acustiche ma che sanno trovare anche, come nella bella Dakota Lights & The Man Who Shot John Lennon, il respiro interessante di certe ballate al pianoforte che i grandi autori U.S.A. spesso si concedono. Il brano in questione è impreziosito dalla voce di Michael McDermott, da Chicago, cantautore molto amato da chi mastica la scena della costa est. Il disco ospita anche, in 32 Springs, il bresciano Riccardo Maffoni, stesse influenze di Carugi ma un percorso che finora, dal Festival di Sanremo al Premio Tenco, l'ha visto cantare prevalentemente in italiano (ma occhio al suo e.p.1977) e i bravi Max Larocca (Cumberland) e Daniele Tenca (lap steel in Every Rain Comes To Wash It All Clean).
www.cesarecarugi.com

C'è una piccola scena di innamorati dell'America dalle nostre parti, si sarà capito. E sono tutti bravi e appassionati. Iniziate da Semprini e Carugi, ne inconterete altri.

domenica 22 aprile 2012

ADDIO LEVON HELM, BENTORNATI COUNTING CROWS

Si viene e si va di umana commedia
che c'è chi la spiega e c'è chi vive e va
si viene e si va comunque
fischiando cantando - (Ligabue)


La morte di Levon Helm - batterista, cantante, mandolinista della Band, uomo che conosceva i mille rivoli dell'American Music, attore - lascia un vuoto enorme. Aveva una tra le più belle voci di tutti i tempi. E poi suonava dietro ai tamburi e ai piatti con tutta l'anima, basta rivedere come teneva il tempo in Mystery Train nel film The Last Waltz diretto da Martin Scorsese. Era quello che ha rimesso e tenuto insieme il gruppo oltre ogni difficoltà, morte o abbandono. Resta ormai così poco di quella meravigliosa storia che è stata la storia di The Band. Quasi nulla. Robbie Robertson, l'autore principale, è sembrato negli ultimi vent'anni molto distante da quanto aveva fatto come leader del gruppo. Richard Manuel morto sucida nel 1986, Richard Danko ucciso dalle droghe e dal suo cuore nel 1999. Garth Hudson aveva lo scorso anno messo insieme una celebrazione tutta canadese del suono del gruppo ma non è figura più defilata, benchè sempre presente nelle attività post-Robertson, compresi i tre dischi pubblicati negli anni Novanta.

Resta poco di The Band ed è così triste perchè quella formazione, con le sue voci, tutte incredibilmente belle, è stata una colonna della musica americana. Quei ragazzi canadesi erano stati – col nome The Hawks - la prima band di Bob Dylan e con lui erano tornati negli anni Settanta per farsi ricordare e riascoltare oggi da quell'inossidabile live che è Before The Flood (vedi foto, da quel tour, con Dylan e Helm che giocano a ping pong). Senza parlare di tutti quei recuperi di cose registrate e rimaste lì che si intitola The Basement Tapes. I ragazzi hanno pubblicato album meravigliosi e scritto canzoni che resteranno eterne: It Makes No Difference, The Weight, Ophelia, Twilight. Quante.


Ricorderò per sempre una sera di quasi vent'anni fa allo Stone Pony di Asbury Park: la mattina avevo comprato a New York la biografia della Band – This Wheel's On Fire - scritta da Helm, così gliela porsi per fargliela autografare, sognavo di incontrarlo da quando avevo acquistato il triplo album The Last Waltz che ero ancora minorenne. Lui e Rick Danko stavano salendo sul tour bus dopo lo show, sudati e felici. Con loro entrava anche Warren Zevon, che aveva aperto la serata. Mi misi a parlare e mi dimenticai anche di chiedergli la firma. Che importava? Avrò sentito le loro canzoni, della Band e di Zevon – Un On Cripple Creek, Acadian Driftwood, The Shape I'm In, The Night They Drove Old Dixie Down, e Mohammed's Radio, Excitable Boy, Werevolwes of London, e altre - un milione di volte.


Mi bastava aver fatto qualche foto durante lo show (una, che ritrae Zevon sul palco con Rick Danko mi è particolarmente cara - ed è qui sopra).
Helm, Danko, Zevon: se ne sono andati tutti e tre. Tre grandissimi artisti.
Ho trovato queste bellissime parole del chitarrista Larry Campbell, collaboratore e grande amico di Helm. E le incollo qui. Tutto vero. Tutto giusto. Se non conoscete la musica di questi artisti cercatela.

“The one guy who can do any form of honest American music with authority. He can do Southern gospel like he grew up in a chuch, blues like he was born on the Delta, rock 'n' roll like he was there at the beginning. He's the Delta of American music".

I Counting Crows sono la nuova Band, si è sempre detto. Nel senso che stavano prendendo il posto che nei Settanta era stato del gruppo composto da Robertson, Helm, Danko, Manuel e Hudson. The Band/Counting Crows: stesso calore, stessa espressività, stessa abilità nel coprire ogni zona del rettangolo di gioco della musica americana. Formazioni "a tutto campo" così ne nascono una ogni cinquant'anni. E' un segno del destino che io mi sia trovato a scrivere del nuovo album dei Counting Crows per un nuovo mensile (lascio l'annuncio ufficiale all'editore) sull'onda della scomparsa del grande Levon Helm, proprio il giorno della brutta notizia, proprio nelle ore in cui tutti venivano a sapere della fine di quell'uomo sensibile e forte che ha tenuto in vita il mito The Band anche se da anni c'era un tumore alla gola a fiaccarlo.


Salutiamo il nuovo album (tutte cover tranne Four White Stallions) dei Counting Crows – Underwater Sunshine (lo pubblica Cooking Vynil/Edel) - in cui il gruppo di Adam Duritz canta Dylan (You Ain't Goin' Nowhere, e la coincidenza è bellissima), i Faces (britannici molto americani) e Gram Parsons (Return Of The Grievous Angel, con un mandolino alla Levon Helm). Se i capolavori di questa formazione restano l'esordio August & Everything After e Hard Candy, questo è un disco assai opportuno che esce nel mese in cui si mette la parola fine alla lunga storia di gruppo di Robertson e compagni.