mercoledì 7 gennaio 2015

PINO DANIELE - A CALDO, E QUALCHE ORA DOPO

5 gennaio 2015, a mezzogiorno

Non bastano le parole ad esprimere il dolore per la morte di Pino Daniele. I ricordi sono tanti. Giorni giovani di grandi scoperte, di grandi canzoni, di tour visti che erano poco glamour e tanta sostanza, quando Pino Daniele imbracciava una Gibson nera e indossava maglioni di lana a trecce. Poi tantissima vita lavorativa, di discografia e di studi televisivi, di altre canzoni, di impuntature e suoi modi bruschi, di amici che erano con te proprio quella certa sera dietro alle telecamere che inquadravano Pino Daniele e che non ci sono più. Di migliori anni e di anni migliori. Di quando Pino, Fiorella, Francesco e Ron provavano in un capannone alle porte di Roma e si facevano le foto che sarebbero servite per il tour a 4 e tu col cavolo che hai chiesto al fotografo quello scatto a 5, col fondale giusto e le luci belle, che ti sarebbe rimasto per la vita e che oggi ti riempirebbe il cuore. Come quello che non facesti con Dylan o con Rod Stewart. Ma sono i ricordi e il suono irripetibile di una chitarra, non le foto, che restano con te in eterno. E Pino Daniele, con quel modo di parlare, con la sua Napoli, con quella strafottenza e indolenza così diverse dalla sua musica, con le sue composizioni bellissime è un pezzo, uno dei tanti pezzi della mia vita.






Ora metto da parte lo scivolone grossolano di qualche canzone malriuscita e il poco degli ultimi anni messo a confronto col tantissimo dei primi, perche' c'e' un tempo per i capolavori e un tempo per tutto il resto, piuttosto penso a Pino Daniele e a Troisi insieme e rabbrividisco osservando il vuoto che lasciano dietro. Al nulla che si è accomodato su quelle loro sedie. E spero tanto che ora la peggiore televisione e la peggiore rappresentanza della nostra musica non si coalizzino per tormentarci con inutili brutture. Tanto il bello c'è stato, Pino il suo "Nero a metà 2.0" se l'è bello che fatto, i 4 di cui sopra hanno già cantato insieme, Dalla non può esprimersi e Troisi neppure. Francesco De Gregori non ha cantato in pubblico per Lucio e non lo farà per Pino Daniele. Soffriamo con decoro, risparmiateci se potete le urla di quattro nuove divette della canzone e di qualche band melodrammatica. Ce la possiamo fare?



5 gennaio 2015 , a mezzanotte

E' tutto il giorno che leggo cose su Pino Daniele. A casa, in metropolitana, in giro per strada non ho potuto fare a meno di rincorrere i pensieri e i ricordi degli altri. Mi ha fatto stare bene, mi serviva. Non è, come ha scritto qualcuno, l'atteggiamento di chi guarda un incidente stradale e fa il curioso al bordi della strada: è voglia pura di capire cosa scorre nelle vene degli altri, di sentire in che modo quelle canzoni hanno dato felicità agli altri, se tutti provavano e provano quello che provi tu. Il potere della musica è questo. Lo provo mentre riascolto il secondo album di Pino Daniele e lui si fa la barba.





Ho letto commenti di gente comune, post e twit di altri cantanti e star varie. Mi colpisce più di ogni altra cosa la voglia trasversale di lasciare un pensiero, di condividere qualcosa, di ripercorrere un proprio pezzo di vita. Un sentimento collettivo talmente bello e ampio io non lo ricordo, in epoca di social network, per altri. Per Dalla, altro grandissimo, immenso e immortale protagonista della musica, il dolore è stato ampissimo ma non si è manifestato allo stesso modo, almeno questo è il mio ricordo. Battisti e De Andrè, amatissimi, non hanno potuto godere dell'intervento a caldo del popolo della rete. A differenza di quei colleghi, Pino Daniele non è partito dagli anni Sessanta ma dai tardi Settanta, e questo fa si che il ricordo di "quel" primo disco, di "quel" primo concerto, di "quella" prima sera a sciogliere i nodi di quel curioso mix di italiano e napoletano siano patrimonio ancora fresco dei cinquantenni o giù di lì, che sono il vero motore della nostalgia che pervade un bel po' il mezzo, il vero alimento per quella bestia incontrollabile che è la malinconia mista a rimpianto. Io credo che i trentenni abbiano raccolto e magari amato Pino Daniele senza essere stati lì quando usciva "Nero a metà", e che i sessantacinque/settantenni di oggi, i quali avevano allora l'età giusta per apprezzare e godere quella musica adesso non abbiano tutta quella voglia di prendersela col mondo. O forse si, e allora ...welcome on board.
Ma quelli veramente fregati, quelli che ancora masticano amaro pensando alle cose che non vanno e a come migliorarle, quelli che hanno figli ancora abbastanza piccoli per i quali preoccuparsi e immaginare un futuro, sono i nati tra il '57 e il '69, popolo dei non ancora vinti, gente che non riesce a smettere di sentirsi attaccata alla propria gioventù e che un pò rifiuta i segni del tempo. Sono quelli che - se appassionati veri di musica - alimentano il mercato del vinile che rinasce, e si aggrappano a Facebook per rimettere insieme il proprio passato e non perderlo.





La morte di uno che negli anni di piombo cantava "Nun ce scassat o cazz" e "Chill e nu buono guaglione" è una cosa tosta per quella generazione. Non era De Andrè, ma provava a dire cose giuste e di rottura in maniera semplice e diretta. Pino Daniele ha creato musica nuova e l'ha contaminata, di blues, di sudamerica e maghreb e di tanto altro. Ha fatto un lavoro egregio, aggregante. Credo sia l'artista italiano che vanta più collaborazioni: un mare, tra Italia e mondo. E di aggregazione parlano le tante testimonianze. Ho visto foto su palco con Laura Pausini e Loredana Errore (per dire: la star e la giovane star di passaggio), foto private con Claudio Baglioni e Mango, foto in studio con Antonacci e foto offstage con Irene Grandi. Tutti hanno voluto dire che c'erano, quel dato giorno, con Pino, e che con lui hanno fatto qualcosa. Raiz, Raf, Silvestri, Jovanotti, Venditti, Tiromancino, i manager, i giornalisti, i discografici, suoi e non, i radiofonici, gli uffici stampa, gli appassionati, i negozianti, i musicisti centrali del mondo pop e anche quelli laterali, che suonano nei bar e che proprio oggi, dicono, c'è da suonare Pino. Tutti. Non lo trovo, come ha scritto qualcuno, un atto di protagonismo, così come non malgiudico Belen Rodriguez perché non la conosco e non so cosa abbia potuto significare per lei la canzone di cui ha postato il testo. Certo, ha pubblicato una sua foto un pò glamour, ma magari lei in quella foto si vede triste e pensierosa e solo lei sa se e quanto quello scatto aderisca al suo stato d'animo di oggi. Ho letto "che ne sa lei che manco è nata in Italia". E' ingiusto e grave, se non offensivo, attaccare qualcuno così. Non si misura il merito e il diritto al dispiacere. Ognuno ha il suo. Ognuno lo manifesta come vuole.
Ho letto frasi intelligenti e profonde (Niccolò Fabi mi viene in mente al volo), ho letto cose più superficiali ma non per questo da criticare. Se scrive da lontano Terence Trent D'Arby è fico, se Emma ricorda che Pino la chiamava "Emmuccia" è una fuori luogo. Non è vero, siate discreti, comprensivi, non rendiamo questo luogo di scambi belli il letamaio che stanno diventando le strade d'Italia. Pino Daniele non è del Sud, è un italiano meraviglioso che ha dato una nuova musicalità alla lingua partenopea, che è un valore italiano. La bellezza della musica lega tutti, o dovrebbe, e certi politici che non sanno starsene zitti nemmeno in queste occasioni si descrivono da soli.
Oggi molta stampa parla in termini lusinghieri dell'importanza del lavoro di Pino Daniele, ma a me piacerebbe che certa stampa su certe considerazioni basasse la propria rinascita. Non se ne può più di leggere sui quotidiani solo le presentazioni e le recensioni dei grandi concerti. La musica è dentro tutti noi, ci nutre e ci sorregge. Per questo vorrei un ritorno alla critica, vorrei che la musica e i suoi valori, i valori delle sue parole, quando il valore c'é, tornassero di attualità, senza anche ci sia spazio solo per il mercato e il commercio della musica, senza che a tenere banco siano unicamente i grandi uffici stampa e management che regolano il traffico perché gestiscono i 50 nomi che contano e che fanno il fatturato.
Per questo, ma sono un sognatore, auspico un omaggio discografico a Pino Daniele senza il vincitore di un talent, senza l'artista che fa parte del giro e che tra due anni sarà scomparso, senza quelli che passano al Tg1 qualsiasi cosa facciano (era anche il caso di Pino Daniele, questo non lo dimentico, quando pubblicava album incolore), senza gli amici di, senza i nomi che fanno vendere, senza quelli che ormai costituiscono la compagnia di giro delle monografie televisive, senza gli ospiti, sempre quelli, dei concerti evento, senza quelli del "facciamo tre stadi anziché cento teatri", senza i poteri forti ostentati. 
Profilo basso, in apparenza. Grande sostanza e qualità, in realtà. L'imprevedibile che affascina e colpisce. Il feeling è sicuro, quello non se ne va, come cantava Pino. Faccio solo due nomi: Nino Buonocore e Tosca.
Ma non accadrà perché siamo qui.
O forse si. A me piace ancora sognare.